Fenomenologia di Bruno Vespa: il Servo dei Servi

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Anni fa, un giovane Umberto Eco, poco più che trentenne, scriveva un’arguta “Fenomenologia di Mike Bongiorno” nel suo Diario Minimo. Il bersaglio del famoso semiologo era allora l’everyman Mike, il nonno dei presentatori italiani, salacemente deriso nei suoi tic a tutti ben noti. Guardando ieri sera la malinconica pantomima di Porta a Porta, mentre facevo zapping tra Sky news 24 e RAI3, dove Bianca Berlinguer moderava un vivace dibattito post-elettorale, m’è venuto spontaneo pensare a una fenomenologia di Bruno Vespa. Il sessantacinquenne  mellifluo aquilano di anno in anno sembra sempre più la parodia di se stesso. Accomodante e cordiale anche con i serial killer colti in flagranza di reato, che lui comunque considera innocenti, almeno fino al dies irae, Vespa è il servo dei servi, un po’ vassallo un po’ magiordomo, sempre a capo chino, non lo vedrete mai guardare il mondo con fierezza e a testa alta, ha il collo oramai anchilosato a forza di piegarsi dinanzi al potere in ogni sua forma ed espressione. Come Shylock , l’usurario di shakespeariana memoria, si frega le mani con compiacimento davanti ai suoi clienti, sempre pronto ad accondiscendere, a sorridere, a lodare, a sminuire, a vezzeggiare, a simulare e a dissimulare. Le sue domande non sono domande, la sua retorica è l’antitesi del giornalismo. Non scontentare mai nessuno che conti, questo solo importa al manichino Vespa, perennemente azzimato, laccato e truccato, in una grottesca messinscena ad uso del padrone di turno.

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