La testimonianza di Flavia dei primi funerali dopo il terremoto in Abruzzo: l’addio a Giuseppe
Provo una disagio difficile da esprimere qui davanti al computer stasera pensando all’articolo da scrivere mentre ricevo incessantemente notizie, dalle persone a me più vicine, una più funesta dell’altra. Melissa mi dice degli zii sfollati a casa dei suoi che hanno perso tutto, Flavia mi racconta dei funerali di Giuseppe (Chiavaroli n.d.r.). Impossibile non avere il cuore pieno di angoscia per tutto questo dolore, per la mia terra in lacrime, per tutti quelli che non ci sono più e per quanti restano ad attendere una Pasqua che sarà difficile dimenticare. Chi come me è tutto intero e in buona salute quasi si sente in colpa, ha ragione Anastasia.
Condivido con voi la testimonianza di Flavia Florindi dalla sua viva voce:
«è stato un pomeriggio che avrei preferito vivere diversamente: sono reduce dal funerale del figlio della mia collega di Loreto, un ragazzo di ventiquattro anni morto nel terremoto. E’ quella giovane promessa del calcio di cui oggi parlava il giornale locale, deceduto perché non aveva voluto lasciare solo la fidanzata, studentessa a L’Aquila, e aveva acconsentito a dormire lì la notte di domenica per poi ripartire l’indomani. Non c’è più alcun domani per Giuseppe. E, attualmente, nemmeno per i suoi genitori. Che strazio è stato! La chiesa di Santa Maria in Piano non riusciva a contenere tutti, io mi sono tirata da parte e così ho potuto solo sentire i singhiozzi strozzati di Piera, un’invocazione che mi ha trafitto l’anima e il pianto delle sorelle e del fratellino piccolo. “Amore”, ha mormorato ad un certo punto sulle scale della chiesa. Da brividi. Non ho avuto cuore di avvicinarmi, tanto piangeva; mi sembrava che la stessero violentando e quasi volevo gridare “lasciate, la uccidete”. Questo evento ci ha cambiati, dai quindicenni in su ricorderemo sempre questi giorni come una sorta di spartiacque tra un Prima e un Dopo. Mi spiace solo che il mondo abbia conosciuto quanto siano forti, dignitosi e gentili gli abruzzesi in una occasione così drammatica. Io stessa non immaginavo quanto carattere e quanto pudore si annidasse nelle nostre viscere. Dio solo sa quanto ci vorrà per tornare ad una vita normale! La mia scuola è inagibile: domani, mi diceva un collega, torneranno i tecnici per fare un ulteriore sopralluogo, specie dopo il susseguirsi di scosse; un mio alunno di quinta si è avvicinato e ha chiesto preoccupato che cosa ne sarebbe stato di loro. Questioni pratiche, adempimenti burocratici per una convalida, il diploma, che praticamente è assodata, ma in quel momento uno sprazzo di normalità.
Ho letto i tuoi post, sono molto partecipi ed intensi, direi ‘abruzzesi’: ponderati ma palpitanti. Nelle tue parole ho rivisto la mia collega Connie, in ansia per il figlio sfuggito dalla finestra alla furia del sisma; oppure la cugina di mamma angosciata dalle urla del figlio universitario, che mentre scappava alla cieca incitava i compagni a correre. Sono davvero giorni di Passione, la speranza è che siano seguiti dalla Resurrezione.»